domenica 6 aprile 2008

Viva il teatro dove tutto è finto e niente è falso

domenica 6 aprile 2008

Questa che segue è un'apologia della maschera, volta a smontare clichè molto radicati. E' stata ispirata da un discorso fatto da un mio amico attore, di nome Nicola, con cui ho anche fatto un paio di spettacoli teatrali amatoriali che lui stesso ha diretto.

Ma che dici Nicola? L’attore è la persona più vera di questo mondo? Ma dai! Stai recitando anche ora? Scusami, ma l’attore è colui che finge per antonomasia. Prende un testo, che di solito non ha neanche scritto lui, lo impara a memoria, studia sulla sua interpretazione e poi lo porta sul palcoscenico. Finge! Ha una maschera! Non può essere la persona più vera di questo mondo, anche se è tanto preparato e sa tutto delle tecniche teatrali! No?
No. Non è così, non è così semplice se ci si pensa bene. Hai ragione, caro Ciaffoni. Forse per chi non ha mai recitato questo è un concetto un po’ ostico. Non che io sia il nuovo Vittorio Gassman, ma quel poco di esperienza che ho mi ha permesso di notare alcune cose.
L’attore è vero, anche quando recita. Perché non è la semplice somma degli anni di accademia teatrale che rendono bravo un attore. Perché, come dici tu, per recitare, ci vuole testa, cuore e viscere. Cioè in tutto e per tutto gli stessi elementi che usiamo nella vita di tutti i giorni. Solo che in più a teatro diventi cosciente di questi tre elementi.
Un attore bravo, un attore che sa trascinare il pubblico quando è sul palcoscenico, che riesce ad appassionare chi gli sta davanti, non è falso. Se sa dare forza alle sue parole, ai suoi gesti e a trasmetterli agli altri vuol dire che crede in quello che dice. Che non mette solo la testa nella recitazione, ma tutto se stesso. Lui, in un certo senso almeno, è il personaggio, non fa finta.
A teatro solo il succedersi degli eventi è finzione, ma i significati e i valori sono assolutamente reali e vivi se si è pronti a coglierli.
Qui però bisogna chiarire il concetto di maschera, che è un termine che può essere facilissimamente frainteso, o, meglio, a cui si tende a dare solo la valenza negativa. Infatti la cosa più banale e automatica che ci viene in mente pensando alla maschera è la falsità: immaginare qualcuno con una maschera vuol dire pensare che si sta coprendo, che sta mostrando qualcosa che non corrisponde a se stesso. Questo naturalmente può essere vero, le persone spesso usano delle maschere per nascondersi o mostrare cose non vere. Ma non è necessariamente così.
Questo è un punto focale perché sposta l’attenzione non sulla maschera in se, ma su come la si usa. La maschera può essere anche, quindi, uno strumento per potenziare se stessi, per dare più vigore a quello che si vuole veramente dare agli altri, in modo che essi lo recepiscano. Questo è il senso che Nicola da alla maschera, e così di conseguenza alla grammatica, alla dizione e alle altre tecniche teatrali. Non ha un senso negativo di falsità, ma un altro valore, positivo. Cioè come strumento per essere noi stessi così come davvero desideriamo. Basti pensare a quanto ci si sente liberi e disinibiti quando indossiamo un costume ad una festa. La maschera da la possibilità di liberarsi di alcuni schemi sociali che possono impedire la nostra realizzazione.
Attore etimologicamente significa “colui che agisce”, ovvero, interpretando un pò, colui che rende agito, reale, cioè che fa. In fondo siamo tutti attori, insomma. E la differenza che c’è tra attore vero e attore falso è la stessa che c’è tra persona vera e persona falsa.
Inoltre imparare le tecniche della recitazione è un modo per conoscere se stessi. Facendo teatro si conoscono gli aspetti che vengono di solito dati per scontati: impari a conoscere la tua voce e fare attenzione all’intonazione e l’intenzione che gli dai; a capire il tuo modo di muoverti, di camminare, e anche il tuo modo di stare zitto.
Ho solo accennato ai significati psicologici e sociali della maschera, perché non è l’obbiettivo principale del mio scritto. Per chi voglia approfondire questi temi suggerisco di leggere i testi di Erving Goffman, su tutti “La vita quotidiana come rappresentazione”, o anche approfondire il pensiero di Luigi Pirandello.
E ora torniamo a pensare ad un attore concreto, che sta recitando sul palcoscenico. Quello bravo, che crede in se stesso e a quello che dice, e non ripete a memoria solamente. L’effetto al cuore del pubblico è assicurato.
E così tu spettatore crederai a quello che dirà Amleto al cranio di Yorick (attenti, non è “essere o non essere” come si crede). Così sentirai l’amore di Romeo per Giulietta. Amerai il pianoforte di Danny Boodman T. D. Lemon Novecento, e magari ti verrà anche voglia di farti un viaggio in crociera verso l’America. Così, come hai detto tu l’altra sera Nicola, Benigni, seppur non puro attore di teatro, riesce ad appassionare migliaia di persone con il suo profondo amore per la Divina Commedia.
Questa sensazioni se non sono sentite dal recitante non sono sentite neanche dal pubblico.
Un Romeo che recita semplicemente a memoria le battute alla sua Giulietta non vi sembrerà più colpito dalla freccia di Cupido di un impiegato delle poste il lunedì mattina.
E’ banale dirlo, ma questa differenza vale per tutte le cose della vita. Perché puoi studiare il pianoforte in conservatorio per dieci, venti anni, ma, se non ci metterai il cuore, sarà solo una sequenza più o meno ordinata di note. Chi avrà voglia di ascoltarti se sei solo un tecnico? Se sei li, ma ti chiedi come diavolo ci sei finito?
Basta crederci, insomma. Poi, certo, un attore (ma anche un ingegnere, un insegnante, uno psicologo, e via dicendo) deve conoscere la teoria e la tecnica. Ma senza una motivazione profonda, tanta strada non ne farà.
Per far sì che la gente ti ascolti, devi dar forza alle tue parole.
Se non fai così come farai a convincere quella brunetta che ti piace tanto a prendere un aperitivo insieme a te? Già immagino la scena.
“Ti faccio sapere. Scusa ma ora devo proprio andare, ho… Ehm…Un appuntamento… dal dentista”
“Ma sono le dieci di sera”
“Eh si, sai com’è… E’ uno di quei tipi attaccati al lavoro…”
Beh, ma poi il Bardo aveva ragione, inutile negarlo. Tutto il mondo è un palcoscenico.

1 commento:

Anonimo ha detto...

ti scrivo giusto perchè è un pò assurdo come mi sono trovata su questa pagina. sto scrivendo la tesi per l'esame di fine corso della scuola di circo. iniziando con il cercare immagini della meschere del teatro e poi con lo scrivere "viva il teatro dove tutto è finto ma niente c'è di falso" ,cercavo come collegare tutto con la presentazione del mio numero di filo teso, allora ho messo la frase sul motore di ricerca e trovo la tua pagina, con il titolo che volevo dare, un'immagine di maschere e funambolismo..dimmi tu se non è una coincidenza buffa?

kicclown

 
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